Percorso Formativo delle Giovani

Percorso Formativo delle Giovani

Visita al sito archelogico di Cornus. Costa occidentale della Sardegna

Conversazione con le Iuniores 13/15 maggio 2019

Ho trovato molto interessanti gli argomenti che, in questi tre giorni, vi sono e vi saranno proposti, ma ciò che mi ha colpito particolarmente è stata l’espressione infanzia matura.

 Un’espressione apparentemente contraddittoria in cui un termine nega l’altro: può esserci maturità nell’infanzia? No. Dobbiamo dire quindi che si tratta di un paradosso. Già l’accostamento dei due termini infanzia e maturità ci fanno capire che umanamente non è possibile una concordanza, che non esiste un legame logico. Ed proprio questa umana illogicità che ci introduce in un altro piano, quello di Dio, che agisce con un’azione non corrispondente ai nostri criteri, ma con i suoi, non sempre di facile comprensione.

 Gesù con il paradosso cerca di far passare la logica di Dio sul cervello e nel cuore dell’uomo, con espressioni, diciamo illogiche, tipo: gli ultimi saranno primi, chi si innalza sarà abbassato, chi salva la vita la perde, una contraddizione attraverso la quale passa un altro concetto.

 Le beatitudini evangeliche sono un susseguirsi di paradossi: beati i poveri, gli afflitti, i perseguitati, i miti… ma di che cosa stiamo parlando? Di realtà impossibili? Umanamente si, ma Gesù ci dice anche Io sono la Via. Lui è la via, la nostra strada, in un rapporto di sequela.

 Anche il termine sequela, cioè andare dietro, può indurre in confusione, la sequela che Gesù chiede include una relazione, non si tratta di ripetere gesti, ma di vivere un rapporto, la sequela è la quotidiana conformazione al Maestro nell’identificazione dell’uno nell’altro, in un rapporto d’amore che fa di due una solo persona, per cui uno vive nell’altro. Questo lo ha già detto San Paolo: non sono più io che vivo ma Cristo vive in me. 

Una sequela quindi che non si ferma alla ripetizione di gesti, a un semplice fare umano, ma i gesti  e le scelte nascono da una intima unione tra persone, la stessa che unisce Gesù al Padre suo e a ciascuno di noi: un legame d’amore. Come il Padre ama me, cosi io amo voi. Rimanete nel mio amore. Restare in questo amore, viverci dentro, rende discepoli. 

Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.. Questo è il mio comandamento che vi amiate l’un l’altro come io amo voi . Alla relazione con Dio e alla comunione fraterna è legata la possibilità di sperimentare la gioia del vivere da risorti, la stessa gioia proposta da Gesù con le Beatitudini, che umanamente si presentano come un paradosso, non basate su criteri umani ma su quelli di Dio che appunto per noi, sembrano illogici.

Dobbiamo confermarci in alcune certezza: se siamo risorti con Cristo viviamo di Lui, (Col.12,3-4) l’unione con Cristo risorto è il principio della vita nuova. Dio è in noi che lo sappiamo o no, che lo vogliamo o no. Viviamo in lui grazie alla grazia santificante che ci è stata data con il Battesimo e che ci ha incorporato in Cristo.  Siamo figli della resurrezione, siamo risorti con Cristo, si tratta di entrare in questo dono di grazia con la fede nelle parole di Gesù che sono parole di vita eterna e di scegliere di conseguenza.

Gesù risorto è la verità che ci fa liberi, quella verità che annulla la contraddizione del paradosso e ci permette di entrare e di vivere nel mistero dell’amore trinitario che è appunto pace, dono, gratuità, nel fiducioso abbandono a  questo amore.

A questo punto possiamo capire cosa significa infanzia matura. L’infanzia è l’età della dipendenza assoluta dai genitori, l’età in cui il papà e la mamma sono rifugio sicuro nel malessere e nella gioia, figure di riferimento che provvedono a tutti i bisogni, anche a quelli che il bambino non esprime. Questa certezza rende il bambino sereno, appagato, gioioso, si tratta di un rapporto fiducioso che consente al bambino di crescere e di aprirsi progressivamente alla vita in una molteplicità di relazioni fino all’età matura.

Nel nostro caso l’infanzia diventa parabola del rapporto che Dio vuole con noi, un rapporto fatto di fiducia e di abbandono. Gesù lo ribadisce continuamente: guardate gli uccelli del cielo non seminano, non mietono eppure il Padre vostro li nutre, guardate i gigli del campo non filano e non tessono eppure hanno vestiti più belli di quelli di Salomone. I cappelli del vostro capo sono tutti contati nessuno di essi cade senza che il Padre vostro lo sappia. Se voi date cose buone ai vostri figli tanto più il Padre vostro che è nei cieli vi darà quello di cui avete bisogno.

A questo rapporto, improntato a fiducia e abbandono, si riferisce Santa Teresina quando parla di infanzia spirituale, per indicare il giusto rapporto che si deve avere con Dio. Non si tratta di restare bambini, ma di conservare e curare un cuore di bambino che continuamente si appoggia al papà, perché sa che lui è sempre presente nella sua vita e che non lo abbandona mai. A questo riguardo il Signore afferma, anche se una madre si dimenticasse del proprio figlio io non mi dimenticherò mai .

Gesù pone la condizione del bambino, che fiducioso si abbandona nelle mani del proprio papà, come condizione essenziale per un autentico rapporto con Dio: Se non diventerete come un bambino non entrerete nel Regno dei cieli.

Percepire il bisogno di Dio, credere al suo amore è abbandonarci a lui è la modalità necessaria per vivere con lui una relazione sana e appagante.

 Per noi Figlie di San Giuseppe la necessità di vivere come bambini abbandonati nelle mani di Dio, viene continuamente ribadita dal nostro venerabile Fondatore, quindi è parte della nostra identità spirituale.

Quali sono le condizioni che introducono nell’abbandono in Dio? Padre Prinetti dice:

Sapersi e sentirsi deboli è il titolo a non essere abbandonati da chi ci ama” (Pens. N°118). Anzitutto dobbiamo riconoscere di essere deboli (Sapersi) ossia avere coscienza di essere limitati, ponendoci nella realtà che veramente siamo: esseri creati che dipendono dal creatore, riconoscono di avere avuto una nascita terrena e avranno una conclusione della vita umana. Questo serve per non incorrere nel mito dell’onnipotenza, cosa facile nella giovinezza quando si è nel pieno delle forze e delle energie fisiche per cui si crede di dominare il mondo e di non avere bisogno di nessuno, di seguire la propria volontà prescindendo da quella che ci ha chiamato alla vita e ha per noi un progetto di felicità. E’ la tentazione di un’autonomia senza Dio con tutte le sue pericolose conseguenze

Sentirsi deboli, avvertire la precarietà della vita, la fragilità della volontà, l’incostanza della nostra persona, nella quale, come dice la Scrittura, in un giorno mutano sette tempi, o meglio abbiamo un umore variabile, ciò che vogliamo fortemente al mattino lo neghiamo di sera, insomma siamo instabili per natura.

  Da tenere presente che questa nostra mutevolezza non è un peccato ma è una componente della nostra natura, perciò non dobbiamo scandalizzarci di noi stessi, arrabbiarci e attribuircene la colpa, dobbiamo accettare di essere strutturati cosi, per non cadere nella mancanza di auto stima che ci rende tristi, sconfortati perché dopo tanto impegno e tanti sforzi ci ritroviamo con le stesse debolezze e difetti.

Fin quando la nostra attenzione si concentra sulla nostra persona e cercheremo in noi stesse la certezza delle nostre scelte, soprattutto quando si tratta di scelte che impegnano con Dio, faremo solo l’esperienza ella delusione, di impegnarci e di non vedere risultati, come i discepoli che faticarono tutta la notte per la pesca ma non presero niente, fin che non è arrivato Gesù è ha dato le indicazioni necessarie che Pietro percepisce subito: sulla tua parola getterò le reti, nonostante la stanchezza e l’esperienza del fallimento. Questo è il passaggio essenziale: sulla tua parola, rispondo alla tua chiamata non perché è facile e appaga le mie aspirazioni di affermazione umana ma perché mi fido di te.  Solo affidandoci a Dio abbiamo la sicurezza della fedeltà ai nostri impegni perché non saremo noi fedeli a lui, ma lui a noi

La consapevolezza del bisogno di Dio, con la certezza del suo amore fedele, è il titolo, è il motivo di non essere abbandonati da chi ci ama, forse che la mamma punisce il bambino che cade quando sta imparando a camminare? No, le cadute fanno parte di un percorso. L’amore di Dio per noi è molto più forte di quello di una mamma, capace di trasformare la debolezza in forza , l’errore in momento di crescita.

 Dobbiamo crederci e chiedere il dono dello Spirito Santo per capire e accogliere l’amore di Dio, abbiamo bisogno del suo Spirito, perché possiamo intuire l’amore di Dio solo attraverso Lui stesso: nella tua luce vediamo la luce.

Il Padre Prinetti dice ancora: Abbandoniamoci a Lui che sa rendere amabile la croce….L’abbandono in Gesù è l’uniformità intima della nostra volontà alla sua (Pens.119)

Con questa affermazione possiamo capire l’espressione infanzia matura. Mentre il riconoscere la fragilità e debolezza della propria persona abilita ad essere amati , per poter usufruire di quell’amore è necessario un atto della volontà, una nostra scelta. Il Signore non ci obbliga, aspetta la nostra libera adesione a lui, aspetta che lo cerchiamo e che gli affidiamo la nostra vita.

 Aspetta una nostra scelta libera perché non ha bisogno di servi  per lavorare, ma ha bisogno di figli da amare, e l’amore è vero solo se è libero, se non è libero può essere tutto, ma non è amore.

 La scelta libera è possibile nella maturità, quando la persona ha raggiunto il pieno sviluppo delle facoltà mentali ed è in grado di decidere.

 La libertà decisionale, nel vangelo, non è in contraddizione con lo spirito dell’infanzia che ci relaziona con Dio come bambini bisognosi, ma è la possibilità che, ponendoci sullo stesso piano di Dio, ci permette di scegliere, di dirgli si o no. Questa possibilità ci dà anche la capacità di avere il merito di quello che scegliamo, per il quale il Signore ci ricompensa in questa terra con il dono della serenità e della pace e ci darà la pienezza della vita nell’altra.

Osservate che Padre Prinetti usa il verbo all’imperativo, il modo del comando, in lui è  il modo del desiderio del suo cuore che per le sue figlie vuole tutto il bene possibile, abbandoniamoci. Un verbo alla prima persona plurale, non dice tu o voi, ma noi, cioè tutti.

 Possiamo ripetere con sant’Agostino: Il signore ci ha creato senza di noi, ma non ci salva senza di noi . La salvezza ci viene regalata ma non imposta, in noi c’è sempre la possibilità di accoglierla o di rifiutarla.

Accogliere la salvezza significa affidare a Dio la nostra vita perché la trasfiguri e la modelli secondo il suo disegno, senza false paure perché Lui sa rendere amabile la croce. La Croce è amabile quando è portata con amore, non con l’amore nostro che è fragile e povero, ma con l’amore di Dio che è infinitamente grande.

La paura è l’arma che spesso il diavolo usa per rallentare le nostre decisioni, per farci perdere tempo e impedirci di giungere alla scelta definitiva di affidare totalmente la nostra vita a Dio. Il Padre Prinetti ci dice in che cosa consiste concretamente l’abbandono , l’abbandono in Gesù è l’uniformità intima della nostra volontà alla sua.

 Resto sempre stupita della precisione e della profondità teologica del nostro Padre Fondatore, nell’espressione l’abbandono in Gesù è racchiuso tutto il mistero della salvezza: Gesù è il Figlio amato dal Padre che dona la sua vita per i fratelli, solo in lui c’è salvezza, lui è la via per andare al Padre, abbandono in Gesù non è solo adesione intellettuale al suo mistero di uomo di Dio, ma è entrare in relazione con lui e vivere uno nel’altro, con lo stesso battito cardiaco, con lo stesso respiro, tanto da poter dire con san Paolo per me vivere è Cristo. In questo legame d’amore si realizza l’abbandono, ossia la consegna della vita all’Amore con la A maiuscola che porta a desiderare e a volere quello che desidera e vuole la persona amata, nella intima conformità della nostra volontà alla sua. Sempre P. Prinetti conferma: Questo è l’abbandono in pratica e con esso la pace.

Possiamo notare come abbiamo superato il paradosso di due realtà apparentemente in contrasto l’infanzia e la maturità, due realtà che evangelicamente sono necessarie l’una all’altra per integrarsi e introdurci su un piano di azione sopranaturale dove l’umano non viene negato ma integrato, viene trasfigurato dal divino che continuamente ricrea e fa nuove e belle tutte le cose.

Noi consacrate non siamo persone psicologicamente dissociate, costrette a contrapporre l’umano al divino, le esigenze del cuore a quelle delle grazia, anzi siamo persone perfettamente integrate nella nostra natura umana inserita in quella umano- divina di Cristo.

 Questa integrazione ci consente di vivere il giusto rapporto tra cielo e terra , le radici dell’albero della nostra vita sono sulla terra ma le fronde sono protese verso il cielo da dove traggono energia e vita anche per mantenere vive le radici.

  Gesù, via verità e vita, è l’anello di congiunzione tra cielo e terra, è l’anima dell’armonia e della  pace, la sua pace, quella del Risorto.

Da ricordare: L’abbandono in Dio non è qualcosa che facciamo una volta per sempre ma è da rinnovare continuamente come orientamento del cuore che cerca la volontà di Dio percepita come sommo bene, come un fiore proteso verso la luce che lo fa vivere.

Riflessioni a caldo:

  • Ho capito? Cosa non ho capito?
  • Secondo te ci sono possibilità alternative, al di fuori del Vangelo per vivere nella gioia?
  • Che differenza c’è tra gioia umana e gioia sopranaturale?
  • C’è un legame tra la richiesta che fa il Padre Prinetti di vivere l’abbandono fiducioso nel Signore e la santa allegrezza?

Visita canonica Comunita’ di Torregrande

Visita canonica Comunita’ di Torregrande

Visita Canonica nella Comunità di Torregrande. Sr Annmary, Sr M. Aurora, Sr M.Ausilia, Sr Adalgisa, Sr Saveria, Sr Felicina, Sr M. Danila, Sr Jeanne salutano tutte.

I Resti Mortali di Padre Felice Prinetti, Fondatore dell’Istituto delle Figlie di San Giuseppe sono tornati a Genoni, nella Casa Madre.

I Resti Mortali di Padre Felice Prinetti,          Fondatore dell’Istituto     delle Figlie di San Giuseppe sono tornati a Genoni,     nella Casa Madre.

 

La realizzazione di un sogno

Sì, possiamo parlare di un sogno perché il desiderio di avere nell’Istituto il Venerabile Fondatore è sempre esistito. È esistito nel nostro amato Fondatore dal giorno in cui, chiuso il suo servizio, come segretario dell’arcivescovo nella diocesi di Cagliari, in obbedienza ai suoi superiori, è rientrato nella penisola, e dal quel momento ha vissuto la sofferenza della lontananza, espressa con accenti accorati soprattutto nella corrispondenza con Madre Eugenia e la Comunità. Una frase ricorrente è questa: “Il mio cuore è sempre in mezzo a voi”.

Si era allontanato fisicamente ma il suo cuore era rimasto a Genoni, per la condivisione a distanza, di tutto quello che le suore vivevano di bene e di male, di gioie comunitarie e di persecuzioni esterne, con il sostegno costante della sua parola che le aiutasse ad entrare nel mistero pasquale di Cristo per viverlo in tutte le sue dimensioni, compresa la croce, come segno di predilezione del crocifisso e via al cielo.

Con la Casa Madre nel cuore

La nostalgia della Comunità di Genoni in lui è costante e la esprime con accenti di gioia quando si presenta l’occasione di poter tornare e scrive: “Aspetto con pazienza, di poter venire, come spero, ai primi di maggio”; (Lett. Pag. 1449); “Spero di essere presto con voi, vogliatevi bene.” (Lett. Pag. 46) “Brucio dal desiderio di vedervi, visitare insieme con voi Gesù, cantar le lodi alla Madonna e a San Giuseppe, guarirvi e lasciarvi allegre e contente”. (Lett. pag. 31).

Da Torino scrive: “Torino è bella ma il mio cuore è là, e mi domando: e il mio caro Cau? E suor Eugenia? E suor…? suor…? suor…? Ma poi riposo nel pensiero che Gesù ci tiene uniti nel suo cuore per amore di San Giuseppe e della Madonna che ci ha dato Egli per Mamma. Vogliatevi bene figlie mie e la Comunità sarà l’anticamera del paradiso” (Lett.pag.148).

Il legame con le sue figlie è tanto forte che in nessun modo si può allentare: “Siete sempre nella mente, nel cuore, nelle mie preghiere”. (Lett.pag.73); “Benché lontano passerò il Natale in mezzo a voi”. (Lett. Pag. 27)

Vorrei le ali per venire a trovarvi” (Lett.pag.94). “Penso sempre a voi e prego sempre Gesù, Maria SS.ma e San Giuseppe che custodiscano e vi facciano buone e sante” (Lett. pag. 99)

Quando riesce ad arrivare a Genoni il suo cuore è pieno di gioia: “Papà farà festa celebrando la prima santa messa di Natale con voi.” (Lett. pag. 157) In occasione della Pasqua scrive: “Papà verrà a cantare l’alleluia con voi, a Dio piacendo, perché così l’allegrezza sia piena”. (Lett. pag.172)

Penso che anche il rientro definitivo dei suoi Resti Mortali nell’amata Comunità di Genoni, sia per Lui motivo di allegrezza piena perché risponde a un suo desiderio coltivato per tutta la vita, mantenuto nell’eternità, ma con la certezza che quel giorno sarebbe arrivato, esattamente il 19 marzo 2019.

Così anche le sue Figlie a Casa Madre possono vivere l’allegrezza piena dell’abbraccio del Padre che non ha mai smesso di amarle, di pensare e di pregare per loro.

Genoni - Arrivo dell’urna all’ingresso del paese.
Ad attenderla l’Arcivescovo di Oristano Mons. Ignazio Sanna, il sindaco Dr. Roberto Soddu, Madre Maria Luciana, le Figlie di San Giuseppe e numerosissimi fedeli.
L’urna con le spoglie mortali di P. Prinetti nella chiesa parrocchiale
Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano. Concelebrano Mons. Mauro Morfino, Vescovo di Alghero-Bosa, Mons. Paolo Atzei, Arcivescovo emerito di Sassari.
Dopo la Celebrazione Eucaristica le spoglie di Padre Prinetti vengano accompagnate processionalmente alla Casa Madre.
Cappella di Casa Madre dove riposano i resti mortali del Ven.le Padre Felice Prinetti

Una Giornata Speciale

Una Giornata Speciale

Oggi, 17 marzo, 2019 è per noi un giorno speciale , un giorno di festa che accende di luce questa  3° domenica di quaresima illuminandola con un fulgore particolare, carico di richiami all’essenzialità del percorso quaresimale orientato ad una maggiore adesione della nostra persona e della nostra vita all’amore di Dio,  una luce che non toglie nulla alla serietà del cammino intrapreso, ma lo arricchisce con riverberi che sanno di cielo, che rendono Il cielo presente sulla terra.

Il cielo è in noi, in mezzo a noi  ed è rivelato dai segni dell’amore, impronte terrene con il sigillo di Dio.

Oggi per noi questa luce risplende nella scelte di tre giovani sorelle che rinnovano la loro consacrazione al Signore con i voti di povertà, castità e obbedienza nell’Istituto delle Figlie di san Giuseppe.

Le suore : sr Adelia, Sr Alana e Sr Eloise, rispettivamente  di anni 30, 28, e 29, di nazionalità brasiliana, hanno confermato la loro adesione alla chiamata del Signore, nella parrocchia di San Sebastiano ad Oristano scegliendo di vivere nella luce pasquale il carisma dell’Istituto delle Figlie di San Giuseppe al quale appartengono, nell’esperienza delle beatitudini evangeliche  e di quella del carisma della divina compassione, proposto dal loro Fondatore, il Venerabile Servo di Dio Padre Felice Prinetti,  come riverbero della luce dell’amore di Dio sulla terra

Rinnovazione dei voti di Sr Adelia, Alana ed Eloise

Ringrazio Don Giuseppe perchè ha voluto che, oggi, le nostre tre Sorelle, Sr Adelia, Sr Alana e Sr Eloise, rinnovino la loro consacrazione al Signore in questa Comunità parrocchiale,  dove, già da qualche anno  rendono il servizio della collaborazione pastorale, nella catechesi , l’animazione liturgica, l’animazione dei gruppi di giovani, come spazio di attuazione del dono di se stesse al Signore, come Figlie di San Giuseppe.

Siamo tutti vicini con la preghiera e con l’affetto a queste nostre Sorelle, nella gratitudine al Signore per il dono della vocazione alla vita consacrata e nella condivisione della  gioia interiore che accompagna ogni scelta per il Regno di Dio.

Vogliamo condividere con loro la gioia che nasce dalla consapevolezza di essere oggetto di un amore immenso che, con il dono della santa vocazione a seguire Gesù povero, casto e obbediente, inserisce in quella porzione di umanità che Dio sceglie per sè, come realizzazione del suo sogno.

Si, vivere la totale appartenenza a Dio e agli uomini, nella sequela di Gesù maestro, realizza il sogno di Dio, include in quella porzione di popolo scelto per essere espressione della gloria di Dio nel mondo, situa sul piano dei Consigli evangelici che creando giuste relazioni tra Dio e gli uomini, tra il cielo e la terra, consentono la piena realizzazione della persona nella sua dimensione umana e spirituale e pongono la persona della consacrata come modello di valori eterni, la cui bellezza e ricchezza si vivono già su questa terra e saranno definitive e totali al termine della vita terrena.

In tal senso la vita consacrata è parte costitutiva della Chiesa, perche ne rappresenta la sua vera natura, creata per vivere la gioia di un amore pieno, fatto di relazione e di dialogo con Dio nella totalità dell’appartenenza a Lui,  di totalità di dono ai fratelli, nel servizio di carità che ama Dio nei fratelli, diventando strumento della sua compassione infinita e del suo amore immenso.

 

Sr Adelia , Sr Alana e Sr Eloise sono chiamate a vivere la loro santa vocazione come Figlie di San Giuseppe  per le quali l’impegno ad essere presenza dell’infinita compassione di Dio per l’uomo, nella fraternità universale è specifico dell’Istituto a cui appartengono.

Il nostro Padre Fondatore il Venerabile Padre Felice Prinetti ha voluto come carisma dell’Istituto la compassione di Dio per ogni uomo, chiede alle suore di essergli tanto care da entrare nelle sue piaghe, cioè vivere nella propria vita il mistero pasquale di Cristo per essere mediatrici di grazia, facendola scendere nelle piaghe dell’umanità di oggi, nei bisogni di coloro che pone nella nostra strada, perché attraverso il dono della nostra vita, concretizzato in un servizio d’amore, la persona si apra e percepisca nella sua vita la presenza risanatrice dell’amore di Dio.

Questo noi oggi auguriamo alle nostre care Sorelle che rinnovano la loro consacrazione religiosa, con la preghiera che il Signore illumini sempre la loro vita con la gioia del suo amore.

                                                                    Madre Maria Luciana Zaru

Viva la festa!

Catechesi Suor Nolly Jose 

Motivazioni della Traduzione in più lingue

“Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” ( Mt.5,15;)

La scelta di tradurre la biografia del nostro Padre Fondatore, nelle lingue parlate, nei diversi Continenti dove l’Istituto è presente,  nasce dal desiderio che diventa anche un dovere, di rendere visibile l’azione dello Spirito Santo nelle persone che, durante la vita terrena, hanno aperto il proprio cuore a Dio permettendogli di entrare, di trasformarlo secondo il suo cuore, di illuminarlo con la sua luce divina, i cui riflessi diventano fari luminosi capaci di orientare la vita dei fratelli in cammino nella sequela del Maestro lungo le strade della vita.

La vita del nostro Padre Fondatore, il Venerabile Padre Felice Prinetti, di cui è in corso la Causa di Beatificazione e di cui la Chiesa ha già riconosciuto l’eroicità delle virtù, è uno dei tanti fari di luce che il Signore ha acceso nella Chiesa, non solo per l’istituto da lui fondato, ma per tutto il popolo di Dio.

Una luce che si sprigiona da tutto il suo percorso esistenziale,che Marco Cardinali, autore della presente biografia, descrive con linguaggio semplice e piacevole ma profondo ed essenziale, evidenziando, nello sviluppo umano dei fatti storico- biografici, l’azione efficace di Dio che, come un vasaio  plasma e modella la creta, fino a farne un capolavoro di grazia che brilla di bellezza eterna, nei riflessi del mistero pasquale di Cristo per il quale tutto nasce e tutto vive.

Una luce divina che nasce nel cuore con la grazia del Battesimo, cresce nelle pieghe della vicende umane e porta progressivamente alla gioia dell’abbandono totale nelle mani del Padre, fonte di pace e di tranquilla confidenza, realizzazione piena della dimensione umano divina secondo il progetto di Dio.

Poiché la funzione naturale di ogni lampada è quella di illuminare, per cui non può essere messa sotto il moggio o restare nascosta, ma deve essere posta sul candelabro, anche noi vogliamo che la luce spirituale del nostro Venerabile Fondatore raggiunga il maggior numero di persone, a partire dagli ambiti geografici in cui l’istituto opera, perché, attraverso questa luce che trasmette la forza rigenerante dello Spirito Santo, tutti siamo aiutati a restare nelle vie di Dio sostenuti e illuminati dal calore che promana dalla vita dei suoi santi.

Noi Figlie di san Giuseppe sappiamo che nel nostro Venerabile Padre Felice Prinetti è presente il riverbero della luce di Dio, chiara, luminosa, positiva.

La lettura della sua biografia aiuta a capire che in lui erano costantemente presenti i si si e il no no evangelici, espressi nella determinazione della volontà che non si lascia bloccare dalle difficoltà o dalla paura, come dimostra nella decisione di lasciare l’esercito per consacrarsi a Dio e nella fortezza di fronte ad ogni forma di ostilità e soprattutto nell’ubbidienza ai superiori, sempre pronta e senza condizioni.

 Una luce luminosa capace di scaldare il cuore e rafforzare la volontà, in particolare con il ruolo di direttore spirituale a cui faceva riferimento ogni categoria di persone: sacerdoti, consacrati e laici.

Una luce positiva che dà senso a tutto, in particolare alla sofferenza e alla croce, che se vissuta in unione a Gesù diventa il passaggio alla gioia della resurrezione. Una luce positiva, ricca di speranza che percepisce tutto come un dono, lo accoglie, lo gradisce e lo vive come espressione di un grande amore.

La santità del Padre Prinetti è una santità concreta, che si nutre di impegno, di fatica, ma anche di gioiosa esultanza per tutto ciò che il Signore opera nella sua persona.

Una santità ordinaria, quotidiana, che profuma di casa, di cibo, di gesti concreti, impegnata nella programmazione di progetti che aiutano a vivere bene, nella fedeltà al proprio dovere, nel rispetto delle regole, nella fraternità e la condivisione comunitaria.

La sua biografia fa intravvedere la straordinarietà della sua esistenza nelle pieghe della vita ordinaria, nel luogo dove il Signore lo ha posto, con le persone con cui lo ha voluto.

In questa dimensione ordinaria, resa straordinaria dalla disponibilità continua all’azione dello Spirito Santo, il Padre Felice Prinetti. ha realizzato se stesso.

 Penso che alla luce di questo modello che riverbera la luce di Cristo, anche noi possiamo rendere la nostra vita piena, bella, ricca e felice.

Madre Maria Luciana Zaru, Figlia di San Giuseppe

Superiora Generale.